Dici Giappone e pensi ai fiori di ciliegio, ai glicini, ma mai ai sette fiori dell'autunno (Aki No Nanakusa). Tuttavia, essi sono sempre stati un argomento popolare nello haiku e in altre forme poetiche appartenenti alla letteratura giapponese.
I sette fiori dell'autunno sono tutti endemici del Giappone e sono stati amati dai giapponesi almeno dal periodo Nara (710-794). Sono costituiti da hagi - il trifoglio giapponese, susuki - l’erba argentata, kuzu – la pueraria, nadeshiko – l’ortensia rosa, ominaeshi – la patrinia scabiosifolia, fujibakama – l’eupatorium e kikyo – la campanula. In Giappone queste piante perenni vengono per lo più ammirate negli ambienti naturali, divenendo, appunto, fonte d’ispirazione poetica: montagne che sembrano arazzi, paesaggi mutevoli che con il passare dei giorni si tingono dei colori del foliage, ma anche fiori che sbocciano nei campi autunnali.
I sette fiori dell’autunno sono menzionati spesso in numerose poesie del Man’yoshu, la prima raccolta di poesie giapponese. I sentimenti, la vita, le sottili sfumature dell’umanità durante l’epoca Heian le troviamo dipinte con minuzia nei versi raccolti nel Kokinshu, la prima antologia imperiale di poesia compilata nel 905: qui natura e fiori vengono utilizzati per rappresentare la vita nel Giappone di quell’epoca.
A rendere però celebri i sette fiori dell’autunno sono i componimenti di Yamanoue Okua, un nobile di corte vissuto nel periodo compreso fra il 724 e il 729.
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