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Per le stradine di Shimokitazawa con Banana Yoshimoto

È una Tokyo sfumata, spesso appena accennata, quella che emerge come sfondo delle opere di Banana Yoshimoto. Qua e là si palesa con riferimenti geografici riconoscibili, ma in generale resta uno scenario acquarellato perché nei suoi romanzi la scrittrice ama concentrarsi maggiormente sul vissuto dei protagonisti, spesso intrappolati in situazioni luttuose o traumatiche, alle prese con un processo di crescita e costantemente in cerca di nuovi legami affettivi, del senso di famiglia o della felicità insita nelle piccole cose.

C'è un romanzo però che ha contorni topografici ben definiti, identificabili in quel quadrato a est di Shibuya, nel quartiere di Setagaya, che si sviluppa intorno all'intersezione delle linee Odakyū Odawara e Keiō Inokashira, peraltro ritratte nella copertina del romanzo: si tratta di Shimokitazawa – per i locali “Shimokita” – un sobborgo che negli anni ha acquisito sempre più popolarità per il suo stile di vita rilassato e alternativo.

Uscendo dalla stazione Shimokitazawa se ne percepisce subito l'atmosfera: ai nostri occhi appare un reticolo di stradine strette e tentacolari, molte delle quali chiuse al traffico, percorribili solo a piedi, per ribadire il passo lento con cui viene vissuta la vita da queste parti. Si susseguono numerose caffetterie, izakaya, ristoranti etnici, bottegucce di senbei o dagashi che sembrano sbucate dall’epoca Shōwa, ma soprattutto è forte la presenza di negozi di seconda mano che rivendono abiti, scarpe, vinili, libri, modernariato e ninnoli di una vita fa.

(iStock)

A inizio Novecento, Shimokitazawa era un sobborgo rurale di Tokyo che iniziò a popolarsi quando vi si rifugiarono gli abitanti in fuga dalle zone distrutte dal Grande terremoto del Kantō del 1923. La stazione infatti aprì pochi anni dopo, dando avvio all’urbanizzazione dell’area. Scampata ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, dalla metà degli anni ’70 Shimokitazawa ha accolto studenti che cercavano alternative a Shinjuku, allora in rapido sviluppo. Fu così che iniziò a diventare spazio per l’espressione di controculture giovanili, dando vita a un carattere di cui cerca oggi di mantenere l'eredità, per esempio nel cinema indipendente Tollywood, che propone solo cortometraggi. Shimokitazawa è infatti famosa per essere stata sin dagli anni Settanta terreno fertile per la cultura underground: qui nacque per esempio il teatro fondato da Kazuo Honda che contava vari palcoscenici, tra cui il Suzunari (aperto nel 1981 e oggi riconvertito a spazio per piccoli bar) e l’Honda Gekijō (aperto nel 1982, ancora in attività); qui hanno iniziato a suonare numerose band dai generi più disparati, esibendosi nelle varie live house che si annidano nelle stradine del quartiere, come il Garage, lo Shelter e lo Shimokitazawa Three. Tutti luoghi che diventano aggregatori sociali e favoriscono la nascita di comunità costruite intorno a passioni, dando al quartiere un’atmosfera intima e calorosa, una dimensione più umana che urbana anche se, come altre parti di Tokyo, anche questa area sta diventando sempre più turistica. Non si può fare a meno di notare, infatti, come il rifacimento della stazione completato nel 2018 e l’arrivo dei negozi di catena abbiano un po’ affievolito la spontaneità originale.

Ma tornando a Banana Yoshimoto, nelle interviste la scrittrice non ha mai fatto mistero di vivere a Shimokitazawa, che esprime la dimensione accogliente e il senso di appartenenza a una comunità tanto ricercato dai suoi personaggi, e in un certo senso riflette anche lo stile spontaneo della sua scrittura.

Se alcune volte l’aspetto caotico di questo quartiere, costruito senza alcun criterio, al solo fine di guadagnare spazio, appare gradevole, è forse perché di fatto ricorda la parte bella dell’inconscio delle persone, la loro disordinata scompostezza. Un po’ come quando gli uccelli mangiano i fiori, o un gatto salta dall’alto verso il basso con un movimento perfetto. Partiamo sempre dal torbido, quando cominciamo qualcosa di nuovo. Poi però arriva il momento in cui tutto inizia a scorrere limpido, e in tranquillità prende a seguire il suo corso naturale.
(iStock)

La citazione è tratta da Moshi moshi, un romanzo interamente ambientato nel quartiere che parla di una ragazza, Yoshie, da poco trasferitasi a Shimokitazawa dove cerca di superare il lutto della morte improvvisa del padre. Numerosi luoghi vengono citati tra le pagine e si possono rintracciare ancora oggi, come il ristorante di cucina tradizionale giapponese Asuka dove la madre della protagonista si concede talvolta il lusso di mangiare o il caffè Moldive, dove Yoshie incontra Aratani:

Allora andai da Moldive, sulla strada con i negozi subito fuori dall’uscita sud della stazione, per comperare il caffè e già che c’ero prendere anche un café au lait da portarmi via. Era un negozio come ce n’erano una volta, tostano i chicchi di caffè durante l’entrata e dentro li vendono. Quando si cammina in quel tratto di strada si sente il profumo del caffè tostato dalle braccia possenti del proprietario del Moldive, un profumo tanto buono da sembrare finto, e viene sempre da pensare: “Beviamo anche oggi un buon caffè e diamoci da fare!”.

Il cibo occupa ampio spazio nel romanzo, dove sono menzionati spesso ristorantini etnici come se ne trovano a ogni angolo di Shimokitazawa. Compare anche qualche pizzeria italiana, come La Verde, di cui oggi non c’è più traccia, ma potete soddisfare l’improvvisa voglia di cibo nostrano nella Pizzeria Da Oggi, che in realtà è lì da almeno un decennio. Purtroppo il Les Liens, un bistrot dall’atmosfera parigina dove lavora la protagonista, ha chiuso definitivamente nel 2008. Si affacciava su Chazawa Doori, una delle vie principali di Shimokitazawa, che per la protagonista diventa così familiare tanto da riconoscerne l’odore sotto la pioggia:

In compenso, adesso conoscevo l’odore di Chazawa doori sotto la pioggia. Conoscevo l’atmosfera particolare della strada con i negozi all’uscita sud nelle giornate serene, l’umore del quartiere quando ci si fa largo tra la folla vociante dei ragazzi in direzione della stazione.
(iStock)

Per avere un assaggio della quotidiana vita locale potete entrare da Ozeki, un supermercato disordinato e vivace citato nel romanzo, punto di riferimento per i residenti, mentre per la sera non potete perdervi il Mother’s Ruin, famoso per le serate di musica dal vivo e lo stravagante lucertolone appeso al soffitto:

Era un locale particolare, tutto fatto di vetro lavorato a mano, come un mosaico composto da un Gaudí ubriaco. C’era una lucertola gigante attaccata al soffitto. Internamente ricordava il mondo azteco, o forse spagnolo, con grandi tavoli di legno pieni di parti concave e convesse. La musica era sempre a tutto volume, ciononostante era un posto tranquillo e all’antica.

Per assorbire l’atmosfera del romanzo tuttavia, la cosa migliore da fare è girare Shimokita in modo casuale, senza meta, lasciandosi stupire dall'accostamento di negozietti, immersi nel flusso di passanti e nella dimensione verace e alternativa che il quartiere tenta strenuamente di conservare.

Il TurismoLetterario in Giappone tornerà a farci visita il prossimo mese! Se per caso vi foste persi gli altri blog a cura di turismoletterario.com eccoli qui. Non perdetevi il prossimo appuntamento con Giappone Nikki l'8 luglio, mata ne! 

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