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Nel Tohoku con Matsuo Basho - Parte prima

Un sentiero lastricato di prose e versi: Nel Tōhoku con Matsuo Bashō, da Edo alla baia di Matsushima

In una giornata di maggio del 1689, mentre a Ueno e Yanaka iniziano a sbocciare i primi fiori, il poeta Matsuo Bashō, presi bisaccia, bastone e il cappello di paglia, si mette in cammino da Edo, l’antica Tōkyō. Ad accompagnarlo l’amico e discepolo Kawai Sora. Insieme si dirigono verso nord, nella regione che all'epoca era conosciuta come Oku, dando inizio a un pellegrinaggio letterario che sarebbe durato 156 giorni per un totale di 2400 km percorsi a piedi. L’intento del viaggio, infatti, è visitare alcuni paesaggi, più o meno famosi, celebrati in versi dagli antichi poeti, in particolare da Saigyō, poeta, monaco e viaggiatore vissuto nel XII secolo. Da questa esperienza nasce “Oku no hosomichi”, un diario che mescola prose e poesie, quest’ultime nella forma di haikai, l’antenato dell’haiku. Sono piccole miniature incasellate nella narrazione di un viaggio di cui vengono annotati paesaggi e volti incontrati, silenzi abissali e canti di cicale, cieli in tempesta e notti di luna, oltre a una varietà di piante e alberi… tutto lasciandosi cullare dalla contemplazione della vera bellezza e celebrando, con uno stile semplice e disadorno, la semplicità del divino.

Paesaggio invernale nel Tōhoku - photo by Andy Kuo on Unsplash

Diretti dapprima verso la baia di Matsushima, Bashō e Sora attraversano poi il Tōhoku settentrionale trasversalmente fino a raggiungere il Mar del Giappone e infine ridiscendono, lungo la costa, verso il Kansai, ponendo fine al loro viaggio a Ōgaki, nell’odierna prefettura di Gifu. Durante il viaggio vengono ospitati da discepoli e amici, e in alcuni casi anche da persone sconosciute, incontrate sul posto, che offrono ai due viandanti accoglienza, ospitalità e un riparo caldo.

Nella prima parte del tragitto, dopo aver toccato Nikkō, attraversano paesaggi montuosi e risaie fino ad arrivare alla barriera doganale di Shirakawa, la porta di accesso alle province del nord, dove oggi si entra nella prefettura di Fukushima e dal Kantō si passa al Tōhoku. Il tratto percorso da Bashō e Sora in questa affascinante regione, all’epoca impervia e remota, è proprio l’argomento su cui si incentrerà questo e il prossimo articolo.

Castello di Tsuruga prefettura di Fukushima - photo by Kentaro Toma on Unsplash

Oltre Sukagawa (odierna prefettura di Fukushima), i due viandanti attraversano terreni paludosi finché non giungono al villaggio di Shinobu, dove si imbattono in una famosa pietra (ancora esistente) ricoperta di muschio. Anticamente era utilizzata per produrre un pattern di kimono tipico del luogo, lo Shinobu Mojizuri, un tessuto reso screziato dalla superficie rugosa della pietra sulla quale era lavorato. Il luogo custodisce però anche delle reminiscenze letterarie che Bashō avrà sicuramente avuto in mente: fu infatti d’ispirazione per una poesia di Minamoto no Tōru, raccolta nel Kokinshū, una storia d'amore impossibile tra un nobile della corte Heian e una fanciulla del posto.

Passo dopo passo, giungono all’orecchio dei due viandanti anche i primi echi della guerra Genpei (1180-85), che vide contrapporsi i clan Taira e Minamoto. A Iizuka, Bashō e Sora cercano infatti i resti del castello della famiglia Satō che nel XII secolo aveva regnato su queste terre. Tra le tombe dei suoi membri c’erano - e ci sono ancora - quelle di due donne guerriere, Hatsune e Kaede, che rimaste vedove avevano indossato l’armatura dei samurai e si erano unite alle fila di Yoshitsune per adempiere ai doveri dei defunti mariti, perdendo anch’esse la vita in battaglia.

Yamadera prefettura di Yamagata - photo by @graceplumeria on Instagram

Dopo aver sfiorato la cittadina di Iwanuma, i due - come tempi addietro aveva fatto Saigyō - vorrebbero porgere omaggio alla tomba del poeta Fujiwara no Sanekata, il quale secondo la leggenda era morto cadendo da cavallo di fronte al tempio Kasajima Dōsojin (oggi Saeno Jinja), dedicato al dio dei viaggiatori, punito perché passandovi di fronte non era sceso dalla cavalcatura, mancando così di rispetto alla divinità. Tuttavia, data la stanchezza, Bashō e Sora si accontentano di scorgere il tempio dalla distanza e proseguono oltre, superando il fiume Natori, per giungere infine a Sendai.

Tsutsujigaoka Tenmangu nella città di Sendai - photo by @tsutsujitenjin on Instagram

È il 1° di luglio e a Sendai è giorno di festa, motivo per cui trovano la città addobbata, con tutti i tetti ricoperti di foglie di calamo per tenere lontano, secondo la credenza, gli spiriti maligni e le malattie. Per un’intera giornata si lasciano guidare da un uomo conosciuto sul posto che gli illustra i luoghi cantati dai poeti del passato, tra cui il Tsutsujigaoka Tenmangu, vicino all'odierna stazione di Sendai, dedicato al poeta di kanshi Sugawara no Michizane.

Proseguendo verso l’angusto sentiero per il nord, Bashō riflette sul fatto che molti luoghi celebrati nella letteratura del passato sono mutati, alcuni distrutti, altri ormai irriconoscibili. Pochi sono rimasti intatti: tra questi la pietra di Tsubo (Tsubo no Ishibumi), nel villaggio di Ichikawa, una stele di oltre mille anni, coperta di muschi e licheni. La pietra anticamente forniva le distanze tra province e paesi in tutte le quattro direzioni. Al suo cospetto, Bashō prova un’emozione così forte da commuoversi: sfiorando una delle più vivide testimonianze del passato avverte una connessione trascendente con gli antichi. Questa incredibile testimonianza dell’VIII secolo sopravvive ancora oggi, protetta da un piccolo padiglione vicino ai resti del castello Taga (Tagajō), anche se gli ideogrammi scolpiti sulla superficie sono consunti dal tempo.

Statua equestre di Date Masamune, signore feudale della città di Sendai

In una giornata piovosa di giugno Bashō e Sora arrivano a Shiogama, dove sorge l'isolotto di Magaki, che Bashō conosce bene perché ad esso è dedicata una famosa poesia del Kokinshū. Ancora oggi l'isolotto è coperto di pini come dieci secoli fa, che fanno da corona al tempio che vi è sorto. Magaki prelude alla sfilza di isolette che costellano la baia di Matsushima, una delle tre vedute di maggiore bellezza scenica del Giappone (assieme a Amanodashidate e Miyajima). Tuttavia, prima di attraversare la baia in barca, i due viandanti fanno visita a uno dei templi più importanti del Tōhoku, Shiogama Jinja, dove si venerano i kami dei marinai e dei pescatori. Bashō rimane impressionato dal diametro imponente delle colonne del tempio, eretto originariamente nel nono secolo e ricostruito all'inizio del 1600 dal potente signore feudale Masamune Date, fondatore della città di Sendai, soprannominato il "Drago con un occhio solo" perché cieco da un occhio a causa del vaiolo.

Baia di Matsushima

La baia di Matsushima, punteggiata con oltre 200 piccole isole su cui crescono pini, è per Bashō uno scenario che non ha pari in Giappone. La sua vista gli evoca un gregge:

“alcune isole erette come un dito verso il cielo, altre mollemente sdraiate nell’acqua […]. Vi sono isole che sembrano portare un isolotto sul dorso e altre che se lo stringono al seno: isole-madri e isole-bambino. I pini sono di un verde intenso e scuro. I venti del mare hanno scolpito i loro rami in forme di un’eleganza incomparabile, come i gesti delle mani di una dama di classe.”

Ancora oggi si può fare un tour via mare della baia, anche se inevitabilmente sui traghetti turistici è difficile immaginare la forte emozione che deve aver provato Bashō immerso nella quiete di questo paesaggio un tempo incontaminato.

Il cammino con Matsuo Bashō riprende il mese prossimo con la seconda parte dell’itinerario nel Tōhoku, dalla baia di Matsushima al passo di Nezu!

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